Viaggi in Patagonia 05. Il motore di un viaggio
di Rita Gasbarra (pubblicato su Ponza Racconta)

"Nella stanza da pranzo della nonna c’era un armadietto chiuso da uno sportello a vetri, e dentro l’armadietto un pezzo di pelle. Il pezzo era piccolo, ma spesso e coriaceo, con ciuffi di ispidi peli rossicci. Uno spillo arrugginito lo fissava a un cartoncino. Sul cartoncino c’era scritto qualcosa con inchiostro nero sbiadito, ma io ero troppo piccolo, allora, per leggere. «Cos’è questo?». «Un pezzo di brontosauro».”
Così inizia “In Patagonia” di Bruce Chatwin. Un immaginario introiettato da bambino diviene il motore per andare lì dove il sogno chiama. Il viaggio lo porta nella caverna dove Charley Milward, capitano di un mercantile e cugino di sua nonna, aveva trovato i resti dell’animale fantastico.


“…La bocca della caverna, larga quattrocento piedi, si apriva in una parete di conglomerato grigio. Blocchi di roccia, staccatisi dalla volta, erano ammucchiati sull’entrata. L’interno era asciutto come il deserto, irto, in alto, di bianche stalattiti e con le pareti luccicanti per le incrostazioni saline……sporgenti da una fessura, vidi alcuni ciuffi degli ispidi peli rossicci che conoscevo così bene. Sfilai con cautela il brandello di pelle, lo chiusi in una busta e mi misi a sedere, immensamente soddisfatto. Avevo raggiunto lo scopo di questo assurdo viaggio. “
Andando sulle tracce di Chatwin non potevamo mancare la grotta del brontosauro, che poi si era rivelato essere un milodonte, bradipo marino estinto 10000 anni fa. Gigantesca, con un ingresso ad occhio aperto sull’esterno, il soffitto orlato di stalattiti. Gli scavi eseguiti hanno riportato testimonianze della presenza di una popolazione primitiva più recente di 10000 anni e resti sottostanti di ossa, pelle, escrementi di milodonti, datati con la tecnica del Carbonio14.



Scivoliamo verso Puerto Natales, cittadina commerciale sull’Oceano Pacifico, le cui acque si insinuano fra isole e fiordi, la Cordillera innevata a chiudere. Un vento gelido irrompe nel canale creato dal fondovalle delle montagne e ci costringe a berretti e cappucci. La sua presenza costante è ben raffigurata nella bella scultura con le due figure pronte a spiccare il volo. Siamo ormai al 51° parallelo di latitudine sud! A Punta Arenas una visita alla cittadina con il fronte di case dipinte e nelle piazze, gli alberi fioriti di giallo di laburno (Laburnum anagyroides, da noi maggiociondolo – Ndr). Cerchiamo nel cimitero la tomba dell’Indio Desconocido, un monumento che vuole simbolizzare i popoli nativi di queste regioni, brutalmente perseguitati dai colonizzatori.





Consiglio a questo proposito il libro di Marco Steiner “Nella musica del vento”, un bel racconto sull’argomento. L’Indiecito, come viene chiamato dal popolo, è considerato un santo pagano. Gli innumerevoli ex-voto che ricoprono l’area dedicata ne sono una chiara dimostrazione. Il cimitero è colorato da fiori di plastica a creare aiuole e vetrinette di oggetti per il defunto. I cognomi sulle tombe ricordano le varie storie di migrazione in queste terre.







Punta Arenas insiste sull’Estrecho de Magallanes, passaggio naturale fra l’Oceano Atlantico e il Pacifico, utilizzato fino all’apertura del Canale di Panama. Oggi la navigazione per questa via è di fatto abbandonata a causa dei venti, delle correnti e della strettezza intrinseca del passaggio, che ne rendono difficile la navigazione. Visitiamo il Museo dedicato a Magellano e affacciato sullo stretto.
Di fronte a noi appare la Terra del Fuoco…
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